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Il retroscena Fincantieri. Parte la rivoluzione genovese.

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Messaggio  ivanapi Sab 26 Feb 2011, 14:40

26 febbraio 2011
IL RETROSCENA
FINCANTIERI, parte
la RIVOLUZIONE GENOVESE

Alla domanda posta dal Secolo XIX, che arriva a margine di un convegno, l’amministratore delegato di Fincantieri non si sottrae. Sestri Ponente potrebbe avere un destino legato alle Riparazioni navali? «Guardi, su questi discorsi penso che approfondimenti e discussioni vadano bene. Certo, non vogliamo essere lasciati soli: e chiediamo di avere vicino le istituzioni, la politica e la Confindustria». Insomma, di questa ipotesi, circolata ampiamente nelle stanze del potere di Genova, ma sulla quale mai nessuno aveva osato esprimersi pubblicamente, ora «se ne potrebbe parlare». Bono è chiaro: «Siamo aperti a tutto, e a tutte le iniziative che portino posti di lavoro». E così, da ieri i due nodi più complessi del porto di Genova sono uniti. Parliamo della Sesta vasca e del Ribaltamento a mare.

Il primo è il progetto legato all’interramento dello Yacht Club e alla creazione, al suo posto, di un bacino con annesse aree per riparare navi lunghe più di 280 metri: cioè grandi portacontainer, petroliere e unità da crociera. Il secondo è il progetto per ampliare lo stabilimento Fincantieri di Sestri, per costruire navi più grandi di quelle che sono realizzate adesso a Genova.

Entrambi i progetti presentano delle difficoltà: la Sesta vasca implica lo spostamento delle attività legate alla nautica. Dove? Le ipotesi sono diverse: Calata Gadda, dietro il Porto Antico, oppure realizzando il raddoppio della Darsena nautica alla Fiera, con conseguente spostamento verso il mare della Diga foranea. Un incastro difficile e costoso: già in passato in Autorità portuale si è discusso sullo spostamento della diga, e il costo dell’operazione è stato stimato sul miliardo di euro.

Il Ribaltamento a mare costa circa 250 milioni, di cui 80 sono arrivati dallo Stato con il decreto Milleproroghe. Ma l’azienda ha già due bacini per costruire mega-navi, a Marghera e Monfalcone. Gli armatori e lo stesso Bono hanno spesso sottolineato che tante navi da crociera come prima della crisi, non ne verranno più ordinate.

In ambienti sindacali si fa due più due: se le navi vengono aggiustate a Sestri, che senso ha costruire la Sesta vasca? Non solo: Fincantieri ha già al suo interno un grosso stabilimento di Riparazione, Palermo. L’ultima grande industria rimasta nel Nord della Sicilia dopo la chiusura di Termini Imerese. Difficile pensare possa essere abbandonata dal gruppo di Stato. Allora, il timore è la dismissione di Sestri. Magari rimanendo nella gestione del cantiere, ma in partnership con i Riparatori navali che oggi chiedono la Sesta vasca, grossi gruppi come i Garré o Mariotti. Bono ha esplicitamente detto: per discutere di questo, vogliamo avere vicino le istituzioni, la politica. Ma soprattutto, «Confindustria». Sì, proprio l’associazione degli industriali dalla quale Fincantieri - a Genova e Gorizia - è uscita alla fine dello scorso anno. L’associazione che alla fine della scorsa estate ha proposto al presidente dell’Authority, Luigi Merlo, il piano per la Sesta vasca.

Si aggiunge così una nuova ipotesi rispetto a quelle già in circolazione su Fincantieri. Le altre sono l’accorpamento della cantieristica militare alla Spezia, lasciando solo la meccanica a Riva Trigoso (progetto che il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani si è lasciato scappare durante un question time in Parlamento), la conversione alla nautica di Castellammare di Stabia, il mantenimento di Marghera e Monfalcone per la realizzazione di grandi navi da crociera, quello di Ancona per costruire tronconi di navi da crociera o unità di super-lusso.

Chiarezza su tutti questi punti potrà essere fatta unicamente al Tavolo nazionale della cantieristica del governo, che tuttavia non è stato più convocato da ottobre. Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, anche lui ieri a Genova, ha detto di non voler chiedere «un nuovo piano industriale a Fincantieri». Ha convenuto sulla necessità di una diversificazione della produzione, fatto salvo che non si tocchino occupazione e numero degli stabilimenti.

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